Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la conversione del Decreto Legge Infrastrutture e Trasporti che apporta diverse modifiche al Codice della Strada. Cosa cambia davvero per le macchine agricole? Abbiamo cercato di capirlo insieme a FederUnacoma, Federacma e Coldiretti
Per capire meglio cosa cambia in concreto per gli agricoltori abbiamo fatto qualche domanda a Lorenzo Iuliano, ingegnere del Servizio Tecnico FederUnacoma – promotrice di due delle quattro modifiche -, a Paolo Di Martino responsabile del Servizio Sicurezza e Igiene del Lavoro in Coldiretti Impresa Verde Romagna e membro della Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro al Ministero del Lavoro, ed a Federacma e al suo storico consulente tecnico Rodolfo Catarzi.
Chi ha buona memoria ricorderà il Disegno di Legge Rovazzi – che col trattore andava in tangenziale – depositato nel 2017 in Senato da Bruno Astorre, nel quale si chiedeva la modifica dell’articolo 110 del Codice della Strada per aprire la possibilità agli hobby farmer di immatricolare i mezzi agricoli.
La modifica, promossa da FederUnacoma, ora è legge e al comma 2 consente agli agricoltori non professionisti di acquistare e immatricolare un trattore e altre tipologie di macchine agricole.
“I casi specifici sono diversi, ma tentando di dare una visione generale – spiega Iuliano – possiamo dire che fino a oggi un trattore e un rimorchio acquistati da un agricoltore non professionista non potevano essere immatricolati se non attraverso qualche escamotage. Ora anche gli hobby farmer possono immatricolare i mezzi acquistati e circolare su strada. Una conquista importante vista la crescente importanza degli operatori non professionisti che acquistano macchine agricole e che, con il loro lavoro, contribuiscono alla manutenzione e alla valorizzazione dei territori”.
“Siamo andati a uniformare la situazione cercando di colmare una sorta di lacuna legislativa che ci penalizzava nei confronti di tutti gli Stati europei dove – almeno per gli Stati per cui abbiamo informazioni – questo provvedimento è già stato ampiamente recepito”.
Le maglie legislative si allargano però solo per trattori e rimorchi con massa complessiva a pieno carico non superiore a 6 tonnellate.
“Nella stessa proposta – aggiunge Iuliano – viene introdotta la possibilità per i commercianti di macchine agricole d’immatricolare le macchine, il che apre la strada a una proposta in stile chilometro 0“ da cui il comparto agricolo era fino a oggi escluso.
“Una modifica trasversale e importante – afferma Paolo Di Martino – soprattutto in alcuni casi come ad esempio la successione di macchine agricole nel cui iter, fino a oggi, i mezzi con certificato di carico e attestazione di titolarità rimanevano bloccati in un limbo”.
Nuovi limiti per i convogli agricoli
Sempre promosse dalla Federazione dei Costruttori, le modifiche di cui all’articolo 105 comma 1 interessano la disciplina del Codice della Strada per la circolazione di convogli agricoli. Ovvero, trattore più rimorchio e mietitrebbia più carrello porta barra.
“I convogli agricoli possono ora raggiungere i 18,75 metri complessivi, andando a superare il limite precedente di 16,50 metri, penalizzante per gli agricoltori italiani anche in considerazione dei limiti ben superiori fissati nelle altre aree d’Europa”, spiega Iuliano. “Inoltre – aggiunge – prima della modifica il limite dei 16 metri e 50 non poteva essere superato neanche attraverso l’autorizzazione di convoglio eccezionale. Ora è possibile superare il nuovo limite di 18,75 facendo richiesta di autorizzazione di convoglio eccezionale“, già regolamentato al comma 8 dell’articolo 104.
Revisioni e trattori d’epoca, cosa succede?
Le modifiche introdotte all’articolo 60 allargano a ciclomotori e macchine agricole il riconoscimento di macchina d’epoca istituendo lo specifico albo di registro. “L’iscrizione delle macchine d’epoca esiste già da tempo – specifica Di Martino – ora però è normata dal Codice della Strada“.
La modifica disegna un confine tra macchine d’epoca e macchinari vetusti, evitando di incorrere in sanzioni dell’Asl qualora siano presenti in azienda macchine non a norma comunque non in uso, purché registrate all’apposito albo.
A essere interessati dalla modifica sono i veicoli con caratteristiche atipiche, ovvero le macchine d’epoca e d’interesse storico e collezionistico che abbiano più di quaranta anni.
Ma cosa accade in termini di revisione? “La macchina d’epoca – spiega Di Martino – che deve essere sistemata in un capannone o comunque rimanere all’interno dell’azienda, deve essere pulita e priva di fango. Quindi, non essendo in servizio ed estranea al parco macchine aziendale, non è soggetta a revisione se non circola su strada e rimane in azienda privata. Qualora debba essere movimentata su strada per una fiera, una manifestazione o un’esposizione, deve sottostare a precise regole dettate da polizia locale, scorta tecnica e così via”.
Questa tipologia di macchine – fino a che non verranno dati ulteriori chiarimenti ministeriali – deve effettuare verifiche di idoneità specifiche ai sensi dei commi 5 e 6 dell’articolo 215 del Regolamento di Attuazione del Codice Stradale. “Si tratta – chiarisce l’esperto Coldiretti – di una regolamentazione a parte che non è una vera e propria revisione e riguarda il controllo dei sistemi di frenatura, dei dispositivi di segnalazione acustica, dei silenziatori, dei tubi di scarico, della segnalazione visiva e di illuminazione, nonché dei pneumatici, della visibilità del conducente, ecc”.
Se una delle perplessità è chi decide e come l’iscrizione nel registro di una macchina d’epoca, posto che nulla di definito esiste ancora, Di Martino spiega: “Le associazioni di macchine d’epoca già oggi fanno una prima importante scrematura. Per procedere all’iscrizione, devono essere rigorosamente rispettati i requisiti originali presenti all’epoca della messa in servizio del mezzo. Ad esempio, un Landini testa calda messo in servizio sessanta anni fa non può avere un telaio di protezione montato, ancorché previsto per l’utilizzo sul lavoro”.
Federacma, per voce di Rodolfo Catarzi, da tempo pone la questione di non trasformare questa opportunità in una scappatoia alla revisione obbligatoria e relativi controlli di sicurezza. Posta l’urgenza di aprire immediatamente un dibattito con il Ministero dello Sviluppo Economico su eventuali soggetti abilitati alla gestione dei registri, “la soluzione del problema – afferma la Federazione – consiste nell’affidare la gestione di questo registro a Federacma”, unico soggetto, spiegano, con competenze specifiche e radicate, nessun interesse economico da tutelare o rappresentare e, soprattutto, nessun vantaggio a subire pressioni per l’iscrizione nel registro.
A obiettare è anche Uncai per voce del presidente Aproniano Tassinari. “Sembra un modo per sollevare i trattori degli anni Settanta e primi anni Ottanta da ogni obbligo di sicurezza sul lavoro e di adeguamento. Parliamo di almeno 500mila robusti mezzi agricoli che ancora scendono in campo e che probabilmente usciranno dai radar dell’Inail“.
Rimane aperta, in effetti, la domanda: “Quanto sarà possibile per un ispettore controllare che effettivamente la macchina non lavori?”. Intorno a questa norma aleggiano molte riflessioni e domande che solo con il tempo potranno trovare un esito concreto.
La macchina? Compriamola insieme!
Quarta e ultima novità introdotta è la possibilità per una rete d’impresa temporanea di acquistare e immatricolare una macchina agricola. “La nuova norma – spiega Di Martino – è particolarmente importante per agevolare l’acquisto soprattutto di alcune tipologie di macchine che svolgono un lavoro essenziale ma contingentato nel tempo. Ad esempio, le vendemmiatrici che sono molto costose e vengono utilizzate solo in epoca di raccolta, quindi sono difficili da ammortizzare per una piccola o media azienda. Se oggi l’unica alternativa all’acquisto era il lavoro contoterzi, adesso più imprese possono unirsi in un consorzio temporaneo e affrontare la spesa condividendola e rendendo ammortizzabile l’investimento”.
“D’altro canto – prosegue l’esperto – se non adottate opportune norme organizzative, tecniche e procedurali specifiche, è possibile incorrere in problemi di sicurezza. L’uso di queste macchine prevede una manutenzione, formazione, addestramento oltre che una presa di responsabilità da parte del proprietario. La presenza di più soggetti gestori potrebbe portare a interventi di manutenzione discontinui, a una gestione non precisa dei guasti e, qualora dovesse succedere un infortunio, gli attori – corresponsabili nell’eventuale indagine giudiziaria – saranno costretti a dimostrare di aver seguito con attenzione le procedure di gestione e manutenzione. Fermo restando la bontà del provvedimento, va ben declinato”.
Fonte: Agronotizie Autore: Michela Lugli