In un piccolo paesino della Valle del Calore in provincia di Avellino, Luogosano, circola un indovinello che recita così “Int’a l’uorto stace na cosa rossa e tonna tonna , ca tene li pili com’à la cionna “
L’indovinello fa riferimento alla sua forma e al fatto che ha un apparato radicale fascicolato che assomiglia ai peli dell’organo genitale femminile. E’ la CIPOLLA
In ogni frigorifero anche quando è completamente vuoto, un”umile cipolla si trova sempre.
E quando non c’è niente da mangiare, come nella tradizione contadina, si può sempre ricorrere a “pane e cipolla”.
La cipolla è l’ortaggio più coltivato al mondo in termini di superficie, circa 3 milioni di ettari, ed è il terzo al mondo in termini di produzione, con circa 85 milioni di tonnellate, dopo il pomodoro e la patata.
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, le cipolle sono coltivate in almeno 175 paesi nel mondo. I paesi in cui se ne mangiano più sono la Libia e l’Albania, dove se ne consumano in media rispettivamente 34 e 30 kg/anno pro capite.
A tal proposito, bisogna sottolineare che l’unico “animale” che non si scoraggia ad addentare una cipolla è l’uomo, poiché la cipolla, presente sulla terra da migliaia di anni, ha messo in atto nel lungo periodo della sua esistenza (4000 anni e più) un meccanismo di autodifesa proprio per scoraggiare gli animali dal mangiarla: la pungenza e la lacrimazione. La familiarità che l’uomo ha con la cipolla forse è dovuta al detto che “‘A capa ‘e l’ommo è na sfoglia ‘e cipolla”.
Ma vediamo da cosa sono provocati questi due fenomeni di autodifesa di cui l’uomo non si preoccupa più di tanto pur di assaporare le sue prelibate caratteristiche organolettiche. La spiegazione del fenomeno, anche se coinvolge molte molecole chimiche difficili da pronunciare, risulta alquanto semplice da comprendere.
A seguito del taglio della cipolla, un solfossido presente nel citoplasma delle cellule della cipolla, si combina con un enzima rilasciato dal vacuolo, l’allinasi, che accelera la reazione chimica che porta alla produzione di ammoniaca, acido piruvico (responsabile della pungenza) e acidi solfenici.
Uno di questi ultimi (l’acido 1-propenilsolfenico), se catturato da un secondo enzima, Fattore-Lacrimogeno Sintasi, produce un gas volatile e idrosolubile denominato propilenossido, che rappresenta a tutti gli effetti il fattore lacrimogeno, poiché entrando in contatto con i liquidi del bulbo oculare si trasforma in acido solforico, composto notoriamente irritante. Ma la cosa non finisce qui, perché il contatto con l’acido solforico provoca una reazione di autodifesa da parte dell’occhio, che consiste nella produzione di lacrime.
La maggior quantità di secreto acquoso sull’occhio non fa altro che trasformare una maggior quantità della succitata sostanza volatile liberata dalla cipolla (propilenossido) in acido solforico, innescando una reazione a catena. Per evitare quindi di lacrimare, bisogna evitare che il composto volatile (propilenossido) raggiunga i nostri occhi. Ma come fare? Essendo il fattore lacrimogeno idrosolubile, basta tagliare la cipolla sotto acqua corrente impedendone la volatilità.
Per quanto riguarda la pungenza caratteristica della cipolla (Allium Cepa L.) e di tutte le specie appartenenti al genere Allium della famiglia delle Liliacee, per alleviare la fastidiosa sensazione ci ha pensato la natura e la costante azione dell’uomo, a selezionare alcune varietà con basso contenuto di acido piruvico, fattore responsabile della pungenza. Alcune di queste sono la cipolla rossa di Tropea e la meno nota Cipolla Bianca di Castrovillari.
Alcuni ecotipi della Cipolla Bianca di Castrovillari hanno un contenuto di acido piruvico molto basso, compreso tra 2,5 e 10,5 micromoli per grammo di peso fresco. “Questa notevole variabilità, oltre che dalla composizione chimica del terreno e dal clima, è influenzata dal genotipo e dai criteri di selezione utilizzati dai singoli produttori nella scelta dei bulbi portaseme “, come ci spiega il dott. Luigi Gallo dell’ARSAC, che da qualche anno si sta occupando della selezione e della divulgazione della Cipolla Bianca di Castrovillari.
Pur distinguendo le cipolle in tre categorie in base al colore delle tuniche o catafilli (bianca, rossa e dorata), esistono molteplici varietà frutto del paziente lavoro di selezione dell’uomo, stimolato dalla consapevolezza del suo enorme consumo a livello mondiale.
Ma dovete sapere che occorrono 17-20 anni di duro lavoro per ottenere una nuova varietà, essendo il suo ciclo biennale. Il primo anno la cipolla compie la sua fase vegetativa, interrotto solo dall’uomo per utilizzarne il bulbo; nel secondo anno compie la sua fase generativa, producendo uno scapo fiorale da cui raccogliere i semi, che tradizionalmente a Castrovillari si fa il 16 luglio, il giorno della Madonna del Carmelo.
Oggi l’ARSAC (Azienda Regionale per lo Sviluppo dell’Agricoltura Calabrese) rappresentata dall’instancabile dottore agronomo Luigi Gallo, in collaborazione con il CREA – Centro di Ricerca per l’Orticoltura di Pontecagnano (SA), ha effettuato una selezione del materiale della popolazione di Cipolla Bianca di Castrovillari, al fine di costituire una sorta di “linea” dalla quale propagare in futuro le cipolle più aderenti alla tipologia originale. Per intenderci, quella che fino agli anni ’70 del secolo scorso veniva prodotta in grandi quantità e soddisfaceva anche la domanda dei comuni vicini a Castrovillari e si vendeva al mercato di Terranova da Sibari.
Purtroppo, la Cipolla Bianca di Castrovillari, pur avendo delle caratteristiche particolari in termini di sapore e di dolcezza, manca di una caratteristica fondamentale: la shelf life, cioè la capacità di conservarsi nel lungo periodo.
Pur coinvolgendo per ipotesi i genetisti della ditta olandese Nickerson-Zwaan, rinomata per avere un breeder con oltre 40 anni di esperienza, sarà necessario ancora un po’ di tempo per ottenere una varietà di Cipolla Bianca di Castrovillari con una buona shelf-life, in grado di varcare i confini regionali e nazionali, come accade per la sorella più celebre, Cipolla Rossa di Tropea.
tratto dalla pagina Facebook dell’Agronomo Dr Luigi Ferrara